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GOOD MORNING BABILONIA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 26 novembre 1987
 
di Paolo e Vittorio Taviani, con Vincent Spano, Greta Scacchi, Omero Antonutti (Italia, 1987)
 
Un film sulla memoria, anzi sulla memoria degli elefanti, come si disse a Cannes di questo, che era fra i più attesi e terminò tra quelli deludenti: perché oltre alla memoria del cinema, che è il grande Tema ai quali pensavano gli autori di quest'opera ambiziosa, GOOD MORNING BABILONIA è un ricordo degli artisti italiani, effettivamente vissuti, che lavorarono all'Esposizione di San Francisco. Abilissimi artigiani (anche se non proprio tutti costruttori di cattedrali come i nostri protagonisti) che uno dei padri del cinema, D.W. Griffith, volle sul set di INTOLERANCE: per costruirgli, oltre che le scenografie, gli enormi e ormai mitici elefanti di cartapesta.

Forse mai in passato i due fratelli del cinema italiano si sono investiti in un film come qui: poiché gli artigiani che noi seguiamo nel film sono due, e sono fratelli. Poiché da antichi tagliatori di pietre si fanno costruttori di monumenti di cartapesta, seppure destinati a restare egualmente nel tempo, in quanto impressi per sempre sulla celluloide della pellicola. Poiché il film si conclude con due fratelli che muoiono (in una sequenza che poteva essere sublime, se non fosse cosi sottolineata) filmandosi a vicenda. E che tutto GOOD MORNING è costruito, con cura che arrischia di diventare pedante, sul principio del doppio e della simmetria.

Quest'investimento autobiografico, cosi presente, cosi pressante, finisce col segnare inesorabilmente i pregi ma anche i limiti del film. Che vanta sicuramente pagine affascinanti, nelle quali l'intelligenza, la cultura, il talento immaginifico dei Taviani si dilata a meraviglia. Sono spesso le più imponenti, come quella ormai nota di Griffith che accoglie, ai piedi della celebre scenografia di INTOLERANCE lo scorbutico Omero Antoniutti, padre dei due giovani immigrati, artigiano che varca l'Oceano per stringere finalmente la mano all'altro artigiano, simbolo di due fatiche nate da eguale sudore, eccetera eccetera.

E sono anche altri momenti più modesti, riusciti proprio perché tranquillamente sintetici: cosi la descrizione della traversata con il piatto della minestra che chaplinianamente attraversa il tavolo di bocca in bocca, sospinto dal rollio della nave.

Ma GOOD MORNING è soprattutto un'epopea, un film di due fratelli che filmano la storia di due fratelli, in una faccenda destinata a futura memoria... Un racconto, una sceneggiatura terribilmente intelligente: e costantemente minacciata da mille tentazioni narcisistiche e freudiane.

Perfettamente a suo agio nella creazione dei quadri allegorici e spesso disunito nello svolgimento dell'aneddoto, questo è sicuramente un cinema fra i più nobili in circolazione: ma si resta col dubbio che occorra un pizzico di commozione, per non dire di humour e di realtà vissuta, affinché si scenda dalle vette della teoria per approdare alle basse del quotidiano.

È quanto accadeva in LA NOTTE DI SAN LORENZO ed in alcuni episodi di KAOS: qui ritorniamo fra le disumane squisitezze.


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